Per Rodolfo Lacquaniti l’arte deve essere un modo pacifico, ed ecologico, per svegliare le coscienze delle persone, soprattutto in questo momento difficile e confuso della pandemia di Covid-19. Attraverso le sue installazioni del Giardino Viaggio di Ritorno a Castiglione della Pescaia (GR), visitate ogni anno da centinaia di persone, l’artista esprime in modo tangibile la sua denuncia ecologica e sociale che mira a stimolare una riflessione sull’ambiente che viviamo attualmente e su quello che diventerà se l’umanità non cambia mentalità e abitudini. “La Formica”, “Odissea 2020” e “Barselona” erano in cantiere da prima della pandemia, in modo profetico e attento Lacquaniti aveva già delineato delle nuove, imponenti sculture per risvegliare gli animi e stimolarli verso una rivoluzione culturale e sociale.
“Barselona” è senza dubbio una installazione potente; il camion nero, sul quale spiccano dei simboli artistici e religiosi, è inquietante, così come i suoi passeggeri ma, come in tutte le opere di Lacquaniti, nel guardarlo si coglie il messaggio di speranza e di denuncia che incarna. «Barselona è un argo-camion guidato da cinque argonauti-mutanti – ci racconta Lacquaniti – stanno facendo il viaggio di ritorno che dura ormai da tanti anni, la loro meta è Barselona. Ho inziato l’opera a maggio nel maggio del 2019 ed è stata terminata a fine aprile 2020 in piena pandemia. La gestazione è stata lunga perché come sempre per trovare tutti i materiali che compongono l’opera-scarto ci vuole tempo e pazienza. Soltanto i vetri sono stati un affare complicato a tal punto che ho dovuto creare i grandi oblò con tagli in base alle dimensioni dei vetri.
I cinque argonauti sono accompagnati dalla Morte, che nella cabina di comando li tiene in continuo scacco. Un argo-mutante, uscito dalla prima guerra mondiale, guida seduto sul primo sterzo a sinistra, ha un elmetto e un mantello e una maschera antigas. Due arghe-mutanti, rivestite di manichette rosse dei vigili del fuoco, sono in piedi e hanno in mano due sterzi che sono cimeli degli anni ’60. Dietro, in piedi anche loro, si trovano altre due mutanti, una con una maschera antigas e l’altra con una marmitta come capo e sono entrambe rivestite con camere d’aria di ruote di macchine. Al centro di questo gruppo c’è la Morte con tacchi a spillo, cappellino di soldatessa russa, radio trasmittente e la consueta falce come si addice ad una autentica morte doc.»
L’artista prosegue: «questi Mutanti, come quelli dell’istallazione “The Garbage Revolution” creata 15 anni fa (sempre in continua evoluzione) sono stati assemblati tra i rifiuti della “montagna”. Sono la cicatrice metropolitana, la ruga urbana della discarica ribelle, provano emozioni, esplorano mondi inesplorati e imprevedibili confronti. Registrano lo stato di guerra tra gli umani e il loro mondo, denunciano il collasso delle risorse, la crescita senza fine, l’inquinamento, la scatenante rivoluzione-tecno, l’indispensabile dipendenza dal mondo naturale, l’insaziabile cupidigia dell’uomo e le sue accelerazioni continue. Cercano connessioni con individui umani, interscambi d’energia, esplorazioni della forma, luce, silenziosa veggenza, la metamorfosi, le costellazioni, il suono della pioggia.»
Gli domando dove sono diretti, e lui risponde: « Sono in viaggio, un lungo Viaggio di Ritorno per raggiungere Barcelona. Sono personaggi usciti da un film di fantascienza. Vengono dal ‘900, sono arrivati negli anni 2000 e si proiettano oltre il presente. Hanno assistito alla caduta del fascismo e alla caduta del comunismo, hanno visto l’avvento della cosiddetta democrazia occidentale come modello ispiratore a livello planetario e poi la globalizzazione e la deflagrazione dei sistemi politici attuali. Il camion su cui viaggiano è nero, composto da due comparti, la camera di guida e la cella frigo. La carrozzeria è costituita da lamiera ondulata zingara, ha un grande frontale con vetrata e tre grandi oblò. Uno è apribile e funge da entrata. Sulla parete frontale ci sono i simboli delle religioni più diffuse al mondo: al centro in alto è posta la croce cristiana, rossa e rivestita di lampade elettriche e sopra ad essa c’è un teschio di acciaio di un animale con le corna.
Non vuole essere un elemento blasfemo, anzi, vuole ricordare che alle origini tutte le religioni parlavano dell’armonia tra gli esseri umani e tra esseri umani e le altre specie viventi. Oggi, di queste ne scompaiono 200 al giorno. Come mai? Chi è la causa di questo scempio se non la specie umana? Al centro, in basso, c’è una grande B in acciaio che è il simbolo del camion: Barselona. Sopra la B e sotto i vetri c’è una testa di donna con un respiratore, che è un omaggio al film di Fritz Lang “Metropolis” che ha come protagonista l’androide donna che ha ispirato la rivolta contro un gruppo di industriali che governavano il pianeta, relegando i lavoratori in un mondo sotterraneo.»
Ma questo camion perché va a Barselona? «Per scoprirlo basta andare dietro e guardare il grande oblò di vetro che svela una cella frigorifera – spiega Lacquaniti – al suo interno c’è una bambina con la pelle che si sta trasformando. Ha scaglie verde-azzurre e una parte del suo corpo è rivestita di conchiglie. Gli argonauti che stanno vagando da molti anni cercano di portare il loro carico prezioso a Barcelona, ma le difficoltà si susseguono. L’ultima è quella che ha investito l’intero pianeta negli ultimi mesi, l’aria è piena di malattia e di morte. Barselona al centro del mediterraneo è il luogo dove è possibile portare sana e salva la bambina. Gli argonauti sono molto determinati nel compito assegnatogli; sono armati anche da due cannoncini posti a destra e sinistra della croce. Sanno che le acque del mare si stanno innalzando in tutto il pianeta. New York, Hong Kong, Sidney, San Francisco, sono già tutte sommerse dall’acqua così sperano di poter arrivare a Barselona e lasciare la bambina, farla ritornare nell’acqua da dove milioni di anni fa è iniziata la vita, dove da anfibi siamo diventati umani. Ora da umani forse ritorneremo anfibi?
La Bambina è in fase di trasformazione non può respirare l’aria esterna per questo è rinchiusa in una cella frigo dalle pareti dorate. Sta in piedi appoggiata al vetro del grande oblò con le mani aperte e lo sguardo rivolto all’esterno. I suoi occhi fissano gli umani, spettatori della domenica che con i loro cellulari continuano a fotografarla distanziati con mascherine antivirus. Lei guarda i cinquantenni, i sessantenni di tutte le razze e religioni cresciuti nell’era dell’abbondanza che nonostante tutto continuano a consumare senza sosta e a loro piacimento senza affrontare i problemi ambientali e personali. Questo vale anche per gli intellettuali e gli artisti incapaci di raccontare l’urgenza della nostra epoca e anche cosa si può fare oggi per salvare il pianeta.
La Bambina guarda una società, i suoi sogni, i suoi incubi le sue paure. Intanto i livelli del mare salgono ogni anno di più, un milione di specie viventi sono a rischio di estinzione, milioni di chilometri quadrati di foreste scompaiono nei roghi provocati dalla speculazione economica e sociale, miliardi di tonnellate d’acqua provengono dallo scioglimento dai ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide, continenti di plastica sono ammassati negli oceani, la temperatura del pianeta ormai è quasi ingovernabile, per questi motivi la Bambina si pone una domanda: ma dove stanno andando gli umani? I suoi occhi guardano lontano, sono piccoli e magnetici come quelli di Greta Thunberg, la Giovanna D’Arco moderna, parlano da soli e ci dicono: “prendete atto dello stato del pianeta, fate di tutto per abbassare il riscaldamento globale o sarà troppo tardi”».